IL PROCESSO

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Le fasi preliminari

L'8 dicembre 1990, il P.M. Serpi firma l'avviso di garanzia nei confronti del pilota dell'Aermacchi MB 326, Bruno Viviani, e nomina tre medici legali per le perizie.

Il 19 dicembre 1990 sono nominati i periti tecnici. Il fascicolo dell'inchiesta è affidato al G.I.P. Aureliana del Gaudio. Oltre a Viviani sono indagati i meccanici addetti alla manutenzione e revisione dell'aereo.

Ricevono avviso di garanzia anche funzionari e amministratori di Casalecchio di Reno per la presunta mancanza di servizi antincendio nella scuola. Quest'ultimo procedimento sarà però successivamente archiviato come quello relativo ai meccanici dell'aereo. Rimangono imputati il pilota, il suo comandante e l'ufficiale della torre di controllo per disastro colposo e omicidio colposo plurimo. Nel maggio del 1994 l'inchiesta giunge all'udienza preliminare e dopo alcuni mesi si arriva al rinvio a giudizio degli imputati.

L'inizio del processo

Il 18 gennaio 1995 si apre il processo di I° grado con la prima udienza del dibattimento. L'Avvocatura dello Stato, rappresentata dall'avvocato Mario Zito, difende gli imputati e il Dicastero della Difesa. Le parti civili sono costrette a rivolgersi ad avvocati privati. Sono accettate come parti civili i feriti e i parenti delle vittime, i Comuni di Casalecchio di Reno e Sasso Marconi, la Provincia di Bologna e l'U.S.L. 27. Il Consiglio di Istituto del Salvemini è escluso perché considerato non rappresentativo degli interessi della scuola: questo diritto sarebbe spettato al Ministero della Pubblica Istruzione che ha ritenuto di non avvalersene.

Nella 14a udienza, il 28 febbraio 1995 viene emessa la sentenza di condanna dei 3 militari imputati a due anni e sei mesi, al pagamento in solido delle spese processuali, al risarcimento, da stabilire con giudizio a parte e alle provvisionali alle parti civili.


Il processo d'appello

Il 14 gennaio 1997 inizia il processo d'appello che si conclude in pochissimi giorni, il 22 gennaio e con un colpo di spugna cancella la sentenza di I° grado. Tutti assolti perché il fatto non costituisce reato.

Questo ribaltamento provoca una grande rabbia e alimenta un dolore forse mai sopito. Gli studenti del Salvemini portano la loro protesta in Piazza Maggiore a Bologna il 25 gennaio, una protesta muta che sfocia in un sit-in davanti al Palazzo di Giustizia e inviano un messaggio di solidarietà ai famigliari delle vittime. In realtà dopo quella sentenza choc è un susseguirsi di messaggi e di comunicazioni tra le istituzioni. Il Ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, si impegna a interessarsi dei risarcimenti. Probabilmente però, per quanto importante possa essere quell'aspetto, la gente vuole il capire il perché di una sentenza che consegna la vita di 12 ragazzi e delle loro famiglie, dei feriti, di un'intera comunità in mano al destino. Una tragica fatalità, quindi inevitabile.


Le motivazioni

Le motivazioni della sentenza avrebbero dovuto essere depositate entro 90 giorni dalla lettura, il 22 aprile 1997 ma a maggio non se ne sa ancora nulla. Nonostante le richieste, il 21 maggio il Sindaco scrive ai giudici sollecitandone la presentazione, ancora inspiegabili ritardi.

Sapere il perché di quella decisione non è un vezzo, è importantissimo perché permette di adottare in modo tempestivo e in tempo utile a scongiurare la prescrizione, tutti gli eventuali strumenti procedurali possibili . Il 27 maggio il Sindaco scrive al Ministro della Giustizia chiedendogli di intervenire per garantire il rispetto dei termini previsti dalla legge. Ne consegue un'indagine disciplinare ma i giudici ritardano ancora.

Le motivazioni verranno depositate solo il 17 giugno 1997 con quasi due mesi di ritardo e attraverso procedure e avvenimenti a dir poco sconcertanti tanto da provocare ripetuti interventi del Ministro di Grazia e Giustizia e sono tali da lasciare allibiti quanti sono stati coinvolti o hanno seguito le varie vicende legate al caso del Salvemini

Dalla loro lettura , infatti, non emerge alcun fatto nuovo rispetto alla sentenza di 1° grado, al punto che il procedimento d'appello risulta ininfluente rispetto alle conclusioni cui è pervenuta la Corte che si è unicamente basata sugli atti del primo processo per giungere a conclusioni diametralmente opposte a quelle del precedente Collegio Giudicante.

Senza tenere in minimo conto le corpose indagini peritali, accusa i Giudici di primo grado di avere emesso una sentenza esclusivamente `politica', basata su suggestioni che, evidentemente devono avere influito anche sul P.M. della fase istruttoria, sul G.I.P., sul P.M. del primo processo e sul P.G. del Processo di Appello, essendosi tutti espressi per la colpevolezza degli imputati o, quantomeno, per la fondatezza delle accuse mosse. Invece, dice la Corte d'Appello, il processo non andava neppure iniziato, non essendo gli imputati colpevoli delle cause dell'avaria e, di conseguenza, di quanto avvenuto dopo, considerando ininfluenti le scelte operate nel corso dell'emergenza. (...)

Lascia inoltre stupefatti il tono gratuitamente sarcastico e derisorio con cui le motivazioni sono esposte, tono che non è possibile non vedere esteso, oltre che al P.M. cui va la nostra solidarietà, a quanti, parti civili pubbliche e private, si sono battute per l'accertamento delle responsabilità e l'affermazione di un principio di Giustizia.

Il 26 gennaio 1998 la IV sezione penale della Corte di Cassazione respinge il ricorso presentato dalle parti civili e dal Procuratore Generale di Bologna. La sentenza emessa dalla Corte d'Appello diventa definitiva.